Nel novembre 2005 uscì per i tipi di Lain, casa editrice romana nata da una costola della Fazi, la traduzione italiana del romanzo Due ragazze della scrittrice turca contemporanea Perihan Mağden, pubblicato a Istanbul nel 2001 dall’editore Everest col titolo di İki Genç Kızın Romanı (letteralmente, ‘Il romanzo di due giovani ragazze’). La traduzione del romanzo fu opera mia e di Mehmet Sinan Bermek, mio ex alunno al Liceo Italiano di Istanbul tra il 1999 e il 2000. Lavorammo alla traduzione in tandem. Mehmet si districò tra i mille modi di dire del turco metropolitano di inizio XXI secolo, una lingua infinitamente vivace e variegata, e io rividi il testo italiano, confrontandolo sull’originale, cercando di trovare i corrispettivi modi di dire in italiano.
Due ragazze racconta l’infatuazione di Behiye per Handan e si svolge a Istanbul intorno al 2000.
Behiye è una ragazza povera ma intellettuale, dall’io sensibile e tormentato, in attesa di entrare nella migliore università di Istanbul grazie agli ottimi voti del liceo. Handan è una sua coetanea bellissima e superficiale, figlia di una mamma ancora più infantile di lei, Leman, e di un padre assente che da anni è emigrato in Australia.
Lo stile del romanzo è molto particolare: l’autrice gioca con la lingua turca creando onomatopee, neologismi e frasi dalla sintassi breve e nervosa con cui rende molto efficacemente i pensieri adolescenziali e profondi di Behiye.
Nel complesso, io e Mehmet fummo contenti del nostro lavoro di squadra. Recensendo il romanzo sull’Unità del 13 febbraio 2006 (p. 25), Valeria Viganò scrisse:
Perihan Magden inventa una lingua perfettamente aderente alla giovinezza, dove nulla ha equilibrio e l’eccesso insito in ogni ‘prima volta che ci si innamora’ è portato a conseguenze drammatiche, persino le singole parole si modificano nel putiferio di sentimenti che invadono come una marea inarrestabile […] Due ragazze è assolutamente toccante, arriva all’anima, si incarna nel corpo. E’ un romanzo senza mezzi termini che scandaglia la violenza della società contemporanea sull’adolescenza con una scrittura lucida, appassionata e senza il minimo compromesso […]
Rimando poi all’accurata recensione di Paola Bolelli pubblicata sul sito gay.it il 27 novembre 2005 e ancora disponibile in rete.
Vorrei infine riportare qui (tagliato qua e là per non rivelare punti caldi della trama) anche il commento che il mio amico Fabio L. Grassi mi spedì per posta elettronica (il 26 dicembre 2005 e il 4 gennaio 2006) e che mi sembra particolarmente pregnante:
Il romanzo mi è piaciuto perché è perfettamente globalocalizzato, ossia al contempo molto “moderno” e profondamente turco. Profondamente turca quella (per noi) smielataggine e quell’affettività a fior di pelle, specialmente tra le ragazze […]. Non è pruriginosa ambiguità o autocensura quella dell’autrice: probabilmente Behiye davvero non è coscientemente omosessuale e neppure Handan pensa che lo sia, la linea di confine qui è molto più sfumata e imprecisa. Profondamente turco, di un certo milieu ovviamente, è quel girare di continuo tra locali e centri commerciali. E’ un romanzo, tra l’altro, pieno anche di gioia, e i momenti di gioia li sa far sentire e vivere benissimo, e sai bene che ciò richiede maestria. […] Bello è poi che il romanzo decisamente non impone una tesi e lascia spazio alle interpretazioni: alla fine, per esempio, quella forte, quella che fa le cose, risulta Handan, mentre Behiye non riesce neppure a recuperare le fotografie, e sembra che non abbia mai fatto sesso. […].
Questo romanzo continua a lavorare nella mia mente, il che non è da tutti, e questo non certo perché essa sia poco affollata in questi giorni, anzi. Dunque, una delle due si chiama Behiye, nome “pesantemente” arabo di scomoda pronuncia, desueto, mi viene in mente una cosa come Concetta; la madre è una donna all’antica, e Behiye in fondo, come primaria manifestazione d’affetto, si cura dell’alimentazione di Handan. Handan è nome moderno, come il più raro Leman. […] Insomma, l’argomento vero e nascosto del romanzo è il contrasto tra tradizione e modernità, e il fatto che esso sia nascosto per la mancanza di stereotipi (puoi immaginare come sarebbe stato facile) è di grande sottigliezza.
Notizia conclusiva: dal romanzo di Perihan Mağden, il regista Kutluğ Ataman trasse il film İki Genç Kız (Turchia, 2005).